"du Comorien": la prima gaffe di Macron


Sabato scorso il neopresidente Macron ha incontrato il primo ostacolo in quello che finora era stato un percorso netto, che sembra tra l’altro proseguire senza grossi inciampi verso una vittoria del suo partito alle elezioni legislative delle prossime settimane. La cosa è tanto più sorprendente che finora la comunicazione del Macron presidente (e prima del Macron candidato) era stata ipercontrollata, studiata nei minimi dettagli, preconfezionata, tanto da creare qualche malumore nei giornalisti preposti a rendere conto della sua attività. Lo scorso fine settimana, invece, la polemica è nata intorno ad una frase che Macron ha pronunciato mentre visitava un centro di sorveglianza marittima in Bretagna. Parlando di barche, il neopresidente francese, probabilmente ignaro (ma è un’ingenuità che gli si può perdonare?) che una telecamera lo stava filmando, ha fatto quella che sembra effettivamente una battuta di cattivo gusto a proposito degli abitanti delle Comore che cercano di raggiungere via mare l’isola di Mayotte, tecnicamente 101° dipartimento francese, e quindi Europa. L’esodo dei comoriani è certo meno massiccio, e mediatico, di quello degli africani che attraversano il Mediterraneo per raggiungere il Sud Europa, ma, a quanto pare, fatte le debite proporzioni, se è vero che dal 1995 sono morte tra le 7.000 e le 10.000 persone nel tentativo di raggiungere Mayotte. Certo, le morti in mare sono, al giorno d’oggi, un argomento sensibile, e questo ha certamente aumentato il disagio (più o meno sincero, in questi tempi elettorali) dell’opinione pubblica francese all’uscita di Macron.
Letteralmente, la frase infelice di Macron in italiano sarebbe “il kwassa kwassa è a Mayotte […] Ma il kwassa kwassa pesca poco, porta i comoriani, è diverso”. Il kwassa kwassa, ho scoperto, è la tipica imbarcazione da pesca delle Comore, e quella più usata per cercare di attraversare i 70 km che separano Mayotte dalla più vicina di quelle isole. La maniera in cui siamo costretti a tradurre la frase di Macron in italiano, però, non permette di rendere esattamente l’equivalente francese, e maschera in particolare alcune sfumature importanti. L’originale infatti recita “c’est à Mayotte, le kwassa kwassa […] Mais le kwassa-kwassa pêche peu, il amène du Comorien, c’est différent”. Innanzitutto c’è l’uso del verbo amener, che non è proprio ‘portare’, ‘trasportare’ in senso neutro, ma mette l’accento sulla destinazione del trasporto. E’ il verbo, ad esempio, che si userebbe in frasi come “il mare porta a riva…”. Ma l’elemento più significativo, mi sembra, è la scelta dell’articolo davanti a Comorien, un partitivo singolare. Corrisponde a quello che in linguistica si chiama ‘coercizione’, termine che designa un’interpretazione di significato che non è quella normale e che è indotta da un impiego non canonico. Comorien, infatti, come tutti i nomi che designano degli esseri umani, è un nome contabile, indica cioè una classe di individui autonomi e, appunto, quantificabili. Davanti a nomi di questo tipo, gli articoli che normalmente si usano sono quello definito o quello indefinito (il, un). L’uso di un partitivo singolare, invece, è riservato a quelli che si chiamano nomi massa, quando designano una quantità non definita, e non separabile in elementi discreti, di un oggetto. Per questo si dice del riso, della birra, della benzina. Un nome può essere intrinsecamente ambiguo e diventare contabile o massa solo a seconda del contesto (ad esempio un pesce / del pesce), o può, per l’appunto essere “forzato” dal contesto ad esserlo. Quando diciamo, ad esempio una birra o una benzina, non ci riferiamo ad un individuo della classe delle birre o delle benzine, ma ad una quantità specifica di birra o ad un tipo di benzina. In questo caso, la coercizione opera nella direzione massa - contabile. Ma può operare anche nella direzione opposta, cioè da contabile a massa (quello che ha fatto Macron). Se dico, ad esempio, “ho mangiato del camaleonte”, voglio indicare semplicemente una quantità indistinta di carne di quell’animale. In francese quest’ultimo tipo di coercizione è molto più comune che in italiano, e si può applicare, in particolare, a quasi qualsiasi nome che designa esseri umani. Su Internet, ad esempio, si trovano diverse attestazioni dell’espressione “il y a du touriste” per significare che una determinata località è particolarmente frequentata dai turisti, e “casser du flic” (letteralmente ‘spaccare del poliziotto’, ossia fare violenza alla polizia) è un’espressione che compare anche in alcuni dizionari dell’argot francese. Dire du Comorien anziché des Comoriens, perciò, risulta dall’applicazione di un procedimento piuttosto corrente in francese, un procedimento, però, che rimane marcato. In tutti gli esempi che ho citato, in effetti, l’uso come nome massa di un nome che designa umani non è neutro, ma permette di aggiungere una sfumatura di disprezzo o comunque di irrispetto, che deriva - come è facilmente comprensibile - dall’osservare un insieme di esseri umani (per il quale normalmente si userebbe il plurale) come un insieme indistinto. Ecco perché le scelte grammaticali hanno contribuito ad alimentare l’indignazione e la polemica suscitate dall’infelicebattuta macroniana.

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